Con la sentenza n. 5745 del 29 maggio 2020, il TAR del Lazio – sezione III quater si è reso autore di una pronuncia tanto coraggiosa quanto inedita.
I fatti: un medico partecipa ad una selezione interna per un profilo dirigenziale e non risulta assegnatario dell’incarico.
L’istanza di accesso agli atti della procedura non viene accolta dall’amministrazione con la motivazione che si tratta di “atti istruttori della procedura di conferimento”.
A seguito del ricorso ex art. 22 della legge 241/1990 , l’amministrazione ammette che quella oggetto di accesso è documentazione inesistente, in quanto gli atti della procedura di selezione non sarebbero mai stati formati.
Il TAR Lazio, osservato preliminarmente che il bando obbligava l’amministrazione ad una valutazione comparativa delle istanze, ha ritenuto che “In ossequio al più elementare canone di leale collaborazione tra PA e privato, l’intimata (…) avrebbe dovuto quanto meno riqualificare l’istanza del ricorrente in ostensione di tutti gli atti istruttori (es. curricula dei candidati, dichiarazioni ed attestazioni varie) comunque utilizzati e formati (verbali o appunti interni dell’amministrazione) onde pervenire ad una simile decisione”.
Soprattutto, l’inesistenza dei documenti è stata ritenuta motivazione inammissibile, “al netto di ogni considerazione circa la gravità – pure sotto altri profili diversi da quelli strettamente amministrativi – di una simile affermazione, ossia che per la selezione e la scelta alcun tipo di atto o documento (di valutazione, proposta e decisione) sarebbe stato in qualche modo formato e predisposto”.
Da quanto sopra l’accoglimento della istanza di accesso agli atti.
La pronuncia – rispetto alla quale non risultano precedenti – è pregna di significativi insegnamenti per le Pubbliche Amministrazioni.
In particolare, il diritto di accesso agli atti non si limita ad essere un mero strumento di controllo dell’operato dell’Ente in una singola fattispecie ai fini della eventuale proposizione di un ricorso a tutela di una specifica posizione, ma deve essere considerato un vero e proprio presidio a garanzia del principio di buona amministrazione previsto dall’art. 97 Cost.
Pertanto, non si potrà più rispondere ai cittadini che gli atti dei quali chiedono copia e che devono obbligatoriamente presiedere all’assunzione di una decisione non esistono, altrimenti occorre prenderne atto e revocare la decisione stessa. Questo – per onestà – il TAR non lo dice, ma non si vede quali alternative abbia una Amministrazione che intenda evitare l’annullamento dell’atto e/o il risarcimento del danno.
Avv. Sandro Campilongo