In materia di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, la particolare ipotesi dell’infortunio in itinere può essere ravvisata in quello occorso al lavoratore durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.
L’istituto trova la propria disciplina normativa nella previsione – relativamente recente – di cui all’art. 12 del D.lgs. n. 38 del 2000 che ha aggiunto all’art. 2 e all’art. 210 del T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il seguente comma: “Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’ uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida”.
L’indennizzabilità dell’infortunio subito dal lavoratore nel percorrere la distanza casa-lavoro, postula, quindi, oltre alla sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento – nel senso che tale percorso deve costituire per l’infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione – anche la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra l’itinerario seguito ed l’attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda.
Ma nel caso in cui l’evento si verificasse all’interno degli spazi condominiali, quod iuris? Può essere considerato infortunio in itinere quello occorso ad un lavoratore caduto mentre percorre le scale condominiali per recarsi dalla propria abitazione al luogo di lavoro?
Proprio con specifico riferimento al tragitto “protetto”, la S.C. ha ritenuto che, ai fini della indennizzabilità, la configurabilità di un infortunio in itinere comporta il suo verificarsi nella pubblica strada o, comunque, non in luoghi identificabili con quelli di esclusiva proprietà del lavoratore assicurato o in quelli di proprietà comune (Cass. n. 15777/2007).
La tutela è dunque delimitata secondo il principio espresso nella sentenza della Cassazione n. 9211 del 2003 – che si pone quale leading case in materia -, secondo cui “l’infortunio in itinere come tale indennizzabile nell’ambito della tutela del lavoratore contro il rischio di infortuni sul lavoro, non è configurabile – oltre che nell’ipotesi di infortunio subito dal lavoratore nella propria abitazione (o nel proprio domicilio o dimora) – anche in quella di infortunio verificatosi nelle scale condominiali od in altri luoghi di comune proprietà privata, atteso che l’indennizzabilità – come risulta chiaramente anche dalle nuove disposizioni di cui all’art. 12 del D.lgs n. 38 del 2000 – presuppone che l’infortunio si verifichi nella pubblica strada o, comunque, non in luoghi identificabili con quelli di esclusiva (o comune) proprietà del lavoratore assicurato”. Principio, poi, confermato con le sentenze Cass. n. 15777/2007 e n. 10028 del 27 aprile 2010, di analogo tenore.
Alla luce dei menzionati arresti, non risultano indennizzabili gli infortuni occorsi su scale condominiali, cortili condominiali, portone di casa o viali di complessi residenziali con le relative componenti strutturali (Cass. n. 15777/2007) o sulla rampa di accesso al garage (Cass. n. 13629/07).
Questo perché, secondo la Cassazione, ai fini della tutela assicurativa deve trattarsi di luoghi in cui il lavoratore non ha la possibilità diretta di incidere per escludere o ridurre i rischi di incidenti; mentre, il proprietario dell’abitazione ha il potere di intervenire efficacemente – anche attraverso la doverosa sollecitazione degli organi preposti all’amministrazione – su tutto ciò che riguarda i beni condominiali.
Tale ricostruzione – senza dubbio restrittiva – risulta, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, accreditata da un’interpretazione costituzionalmente indirizzata del dato normativo. Ed infatti, per evitare che il richiamo all’art. 38 Cost. abbia una funzione meramente declamatoria e per garantire, di contro, una effettiva e completa tutela assicurativa, risulta necessario una lettura del dato normativo che – oltre a tener conto della necessità di una previsione, con apprezzabili margini di affidabilità, degli esborsi al fine di assicurarne la copertura ex art. 81 Cost. – risponda anche a quei razionali margini di certezza necessari in tutte le materie in cui si ha esposizione di denaro pubblico con il consequenziale pericolo che risorse della collettività possano in concreto venire utilizzate per “compensare” pur apprezzabili bisogni e/o esigenze di natura personale, ma che non assumono una sicura e ben definita valenza sociale (cfr. Cass. n. 15777/2007).
Sussistono, dunque, anche ragioni di equilibrio di finanza pubblica che impediscono una lettura troppo estensiva della normativa applicabile in materia.
L’opposta interpretazione non assegnerebbe – ritiene la S.C. – il dovuto rilievo alla lettera ed alla ratio del disposto dell’art. 12 D.Lgs. n. 38 cit. che ha recepito il pregresso orientamento giurisprudenziale in materia, elaborato, interpretando estensivamente il concetto di “occasione di lavoro” contenuto nell’art. 2 del DPR n. 1124/1965.
Peraltro, l’INAIL, con nota del 12 gennaio 2004 ha precisato che può considerarsi compresa nel percorso protetto quella particolare tipologia di strade condominiali che, essendo aperte al traffico di un numero illimitato di veicoli, presenta caratteristiche di utilizzo e condizioni di rischio che non coincidono con quelle indicate dalla Suprema Corte. Secondo l’INAIL, la stessa Cassazione ha avuto modo, in passato, di precisare che dalla nozione di “strada” (quale area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali) restano escluse soltanto le strade riservate all’uso esclusivo di privati proprietari.
Tali precisazioni consentono di non ritenere indennizzabili gli eventi occorsi in ambito condominiale (scale, rampe, et similia), ma di concedere l’indennizzo nel caso di infortunio occorso nelle strade che, pur di proprietà privata, siano destinate a soddisfare le esigenze di una comunità indistinta e siano, perciò, aperte al traffico di un numero indeterminato di veicoli.
Trovo assurda questa legislazione,
Se una persona cade mentre va a lavoro deve essere considerato infortunio anche se ciò accade nel cortile mentre raggiunge il veicolo per avviarsi a lavoro.
La nostra legislazione è fatta per i furbi. Chi dice la verità non è tutelato.