La Ordinanza n. 3203 del 10 febbraio 2021 della Corte di Cassazione assume una particolare rilevanza poiché sancisce il diritto del genitore non affidatario ad ottenere una riduzione del contributo stabilito per il mantenimento dei figli, non in base alle ridotte capacità reddituali, bensì tenendo conto del maggior tempo trascorso dalla prole presso quel genitore.
Il caso riguarda il ricorso proposto da una madre avverso la ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la decisione assunta dal Giudice di primo grado che ha ridotto il contributo dovuto dal padre per il mantenimento delle figlie, giustificato sia dall’ampliamento del diritto di visita del padre, contemperato dal fatto che le minori vivono molte ore in un convitto scolastico, che dal regime del mantenimento diretto delle medesime.
Nel caso esaminato, gli Ermellini hanno dato atto che, sebbene il padre nel corso del giudizio innanzi al giudice di prime cure non avesse dimostrato una ridotta capacità reddituale, ciò che rileva ai sensi dell’art. 337 quinques cod. civ. è la intervenuta rimodulazione dei tempi di frequentazione delle figlie e, soprattutto, il regime del mantenimento diretto, che, evidentemente, incidono sulla quantificazione dell’importo dovuto a titolo di mantenimento.
Da qui il diritto da parte del ricorrente a vedersi riconosciuta la invocata riduzione, anche in considerazione di un mutamento delle esigenze delle figlie, conseguente alla loro crescita.
A parere di chi scrive, la Ordinanza in commento segna un punto fondamentale nella individuazione della centralità dell’interesse dei figli, senza pregiudicarne il futuro benessere, anzi, ponendo in primo piano le loro fondamentali ed imprescindibili esigenze di cura, per una crescita sana ed equilibrata.
Avv. Francesca Muscarello