L’articolo 18 della L. n. 81/2017, che disciplina il lavoro agile o smart working, stabilisce in linea generale che la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’internodi locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. Tale modalità lavorativa opera, “in quanto compatibile”, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle P.A.
Con l’insorgenza della pandemia da Covid-19, il DPCM dell’8 marzo 2020 ha previsto, su tutto il territorio nazionale (dopo le prime esperienze nelle ex “zone rosse”) la possibilità, per i datori di lavoro, di ricorrere allo smart working (artt. 18-23 della L. 81/17), per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, ossia prima fino al 31 luglio 2020 ed ora fino al 31 dicembre 2020, per ogni rapporto di lavoro subordinato, nelrispetto dei principi generali dettati dalla Legge citata, ma anche in assenzadegliaccordi individuali.
Successivamente, l’art. 87 del D. L. 18/2020 (“Cura Italia”) convertito dalla L. n. 27/2020, ha disposto che, sempre fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, il lavoro agile è la “modalità ordinaria” di svolgimento della prestazione lavorativa nelle P.A., che, conseguentemente:
a) limita la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza;
b) prescinde dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dalla L. 81/17.
Viene inoltre disposto per la P.A. che la prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici “nella disponibilità” del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione.
Quanto ai dipendenti pubblici, infine, l’articolo 90 del D.L. Rilancio, conferma integralmente le disposizioni del citato art. 87 del D.L. Cura Italia, che indicano il lavoro agile come modalità ordinaria della prestazione ove compatibile con le mansioni assegnate.
Visto che si è reso necessario prorogare la durata della dichiarazione di emergenza sanitari fino al 31 dicembre 2020 si è dato luogo ad un prolungamento degli effetti della normativa suindicata sino alla nuova data prevista per il termine dell’emergenza, senza necessità di nuovi interventi.
Pertanto, la modalità di lavoro agile resta la modalità ordinaria per i dipendenti pubblici fino al 31 dicembre 2020 a meno che non si tratti di attività che necessitino la presenza in ufficio che altrimenti il dipendente non potrà pretendere. Infatti, il lavoro agile, come configurato dalla L. n. 81/2017, presuppone in tempi “normali” il consenso delle parti (lavoratore e datore di lavoro), e si fonda su un accordo individuale stipulato in forma scritta. Nel periodo di emergenza, in virtù dei vari provvedimenti che si sono susseguiti, la regola del consenso è stata derogata, per entrambe le parti ma in modo diverso. Lo smart working può essere imposto unilateralmente dal datore di lavoro, come ribadisce da ultimo l’articolo 90 del Dl Rilancio mentre non può essere preteso dal lavoratore, salvo in alcuni casi specifici, in cui la legge ha stabilito priorità e diritti.
Per quanto riguarda l’utilizzo di mezzi propri, la L. n. 81/2017 prevede che, salvo il caso in cui il dipendente si avvalga di mezzi propri, spetta al datore di lavoro la responsabilità di fornire al dipendente tutti gli strumenti e i supporti tecnici necessari allo svolgimento dei propri compiti anche da remoto. La manutenzione degli stessi è parimenti a carico del datore di lavoro e al dipendente, invece, spetta la responsabilità di averne cura e farne uso nel modo più opportuno. Pertanto, se il dipendente non è in possesso di tecnologie adeguate dovrà farne richiesta al datore di lavoro che è obbligato a fornirle o a rendere disponibili spazi adatti al remote working, magari con il coinvolgimento delle associazioni dislocate sul territorio.
Per quanto riguarda, infine, le spese che il dipendente in smart working si trova ad affrontare in aumento come consumo di energia elettrica e spese di connessione internet, purtroppo, né la normativa che ha istituito il lavoro agile né quella emanata nel periodo emergenziale dicono qualcosa in merito. Considerando, però, che la norma stabilisce la parità di trattamento tra lavoratore agile e dipendente che svolge la prestazione in sede, non sarebbe equo che lo smart worker debba sostenere dei costi aggiuntivi per la connessione internet e per il maggior consumo di energia elettrica, che la generalità dei dipendenti non sostiene. Discorso diverso se tutti i dipendenti, come nel periodo in cui ci troviamo, lavorano da casa e quindi alcuna disparità di trattamento vi è.
Ci sono alcune PA, tuttavia, che hanno adottato direttive sul punto come ad esempio il Ministero della Giustizia che per il settore di competenza ha previsto con la direttiva 4 marzo 2020 che i consumi elettrici, la connessione alla rete Internet e le comunicazioni telefoniche con l’Ufficio o Servizio, sono a carico del lavoratore.
Avv. Aida De Luca