La Cassazione torna sull’illecita affissione dei dati personali dei morosi in luoghi che ne consentono la visione anche a soggetti estranei al condominio e sul conseguente diritto al risarcimento del danno nei confronti del condominio e dell’amministratore.
Il Fatto
Un condomino aveva citato in giudizio il condominio ed il relativo amministratore sulla base dell’art. 15 del D.Lgs. n. 196/2003, per ottenere il risarcimento dei danni subiti che erano conseguiti all’illegittimo trattamento dei dati personali determinato:
(i) dalla divulgazione, per mezzo di affissione in una bacheca condominiale esposta alla possibile visione di terzi, di un avviso di convocazione assembleare con relativo ordine del giorno indicante una richiesta di conciliazione a riguardo di un decreto ingiuntivo,
(ii) dalla successiva consegna ai condomini, per il tramite di un’addetta alle pulizie, di un ulteriore documento, aperto e liberamente leggibile, teso a chiarire il motivo della convocazione suddetta con specifico riguardo alla propria posizione.
Il tribunale ha respinto la domanda ritenendo che:
- l’attore non avesse adempiuto all’onere della prova in ordine ai danni patiti e al nesso causale col trattamento dei dati.
- il trattamento era stato improntato al rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, poiché il dato inserito nell’ordine del giorno era comunque utile per far conoscere all’assemblea il motivo della convocazione.
- non era stato provato il fatto che terzi soggetti, al di fuori dei condomini, avessero preso visione del documento, ne’ che l’addetta alle pulizie avesse potuto leggerlo sui fogli aperti.
- la lesione arrecata non fosse grave e che il danno lamentato non fosse serio.
Le Motivazioni della Suprema Corte: i dati personali dei condomini morosi possono essere comunicati ai condomini, ma non a soggetti terzi
La Cassazione richiama la propria giurisprudenza secondo cui “la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell’osservanza dei principi di proporzionalita’, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (v. Cass. Sez. 1 n. 18443-13), non consente che gli spazi condominiali, aperti all’accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; ne consegue che – fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un’indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilita’ civile ai sensi degli articoli 11 e 15 del citato codice (v. Cass. Sez. 2 n. 186-11)“.
Secondo la Suprema Corte è ovvio che nella nozione di dato personali rientrino anche “i dati dei singoli partecipanti a un condominio, seppur raccolti e utilizzati per le finalita’ di cui agli articoli 1117 e seg. c.c.“.
Ciò perché “ai sensi di legge, “dato personale”, oggetto di tutela, e’ “qualunque informazione” relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente (Cass. Sez. 2 n. 17665-18, Cass. Sez. 1 n. 15161-21)“.
La Suprema Corte ammette la comunicazione dei dati relativi ai morosi ai condomini, argomentando che “Certamente ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati ai condomini, su iniziativa dell’amministratore in sede di rendiconto annuale di assemblea, o nell’ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell’assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, e anche su richiesta di ciascun condomino, investito di un potere di vigilanza e di controllo sull’attivita’ di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all’amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti (v. in proposito Cass. Sez. 3 n. 159313)“.
Dunque, in questi casi, l’amministratore non potrà esimersi dall’indicare i dati personali dei condomini morosi adducendo motivi relativi alla protezione dei dati personali.
Illegittima affissione in bacheca dei dati personali dei condomini: le cautele da adottare nella redazione degli avvisi di convocazione e nella procedura di convocazione delle assemblee.
Tuttavia, secondo l’ordinanza, “non puo’ sostenersi che sia giustificata e non eccedente l’affissione in una bacheca – esposta al pubblico e soggetta a possibile visione da parte di un numero indefinito di soggetti – di un avviso di convocazione del tenore di quello indicato dallo stesso tribunale (“richiesta di conciliazione del sig. (OMISSIS) a riguardo di decreto ingiuntivo subito per consuntivo anno 2010 (decisioni sulla causa in corso)”), in particolar modo quando – come pure contraddittoriamente il tribunale dice avvenuto – l’avviso risulti esser stato gia’ comunicato a tutti i condomini.
Proprio l’avvenuta previa comunicazione indurrebbe ad affermare semmai l’ultroneita’ dell’affissione in bacheca, e dunque l’eccedenza del trattamento rispetto al fine, sicche’ da tal punto di vista l’impugnata sentenza non soddisfa minimamente la conclusione infine ritenuta“.
In questo caso, dunque, sembra ritenere la Cassazione che l’affissione dei dati in bacheca non sia ammessa nemmeno quando questa venga di fatto utilizzata quale unica modalità di diffusione degli avvisi di convocazione dell’asemblea condominiale.
Dunque, quando sia necessario inserire all’ordine del giorno dell’assemblea argomenti che comportano l’indicazione di dati personali dei condomini, l’amministratore sarà tenuto ad adottare particolari cautele, evitando di affiggere l’avviso di convocazione in bacheca.
In alternativa, egli dovrà fare in modo di non inserire nell’ordine del giorno i dati personali dei condomini interessati, ad esempio anonimizzandoli, inserendo esclusivamente le iniziali, ovvero ancora il numero delle procedure di mediazione o giudiziali, ecc.
Secondo la Cassazione, provato il comportamento illecito, per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale il danneggiato può limitarsi ad allegare la presunzione di effettività del danno.
La Suprema Corte illustra un ulterioe principio in tema di prova del danno, ritenendo che non si possa “sostenere, nei termini cosi’ genericamente affermati dal giudice a quo, che, palesata la situazione illecita e forniti gli elementi dai quali potersi presumere l’effettivita’ di un danno, vi fosse altro da dimostrare a onere del danneggiato“.
Infatti, “nell’articolo 15 del codice in materia di dati personali il legislatore ha ritenuto opportuno estendere la tutela anche ai danni non patrimoniali, a mezzo di uno strumento risarcitorio di grande ampiezza teso a garantire l’effettiva operativita’ della corrispondente sanzione a carico del responsabile dell’illecito e la conseguente maggiore incisivita alla norma afferente“.
La Suprema Corte coordina il principio richiamato con quelli relativi al risarcimento del danno non patrimoniale, affermando che “In tema di danno non patrimoniale il danneggiato puo’ ricorrere e anzi normalmente ricorre – alla prova presuntiva, tenuto conto ella natura immateriale del bene della vita concretamente leso (v. la fondamentale Cass. Sez. U n. 26972-08). Donde una volta stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che e’ connaturato alla natura del diritto leso“.
Gli elementi presuntivi del danno da illegittima diffusione dei dati personali nella bacheca condominiale: è comunque necessario verificare la gravità della lesione e la serietà del danno.
La Suprema Corte ricostruisce gli elementi che avrebbero dovuto consentire al giudice di primo grado di affermare la prova per presunzioni del danno non patrimoniale subito dal ricorrente, illustrando come l’attore avesse allegato “un danno non patrimoniale correlato all’incidenza del trattamento illecito sul piano reputazionale, essendo egli un avvocato con studio nel medesimo condominio ed essendo stata l’affissione esposta per oltre un mese in una bacheca ben visibile anche da parte dei suoi potenziali clienti.
L’allegazione era (ed e’) piu’ che sufficiente a soddisfare il relativo onere, cosicche’ al tribunale competeva di accertare se l’illecito fosse stato effettivamente commesso nei termini detti, onde provvedere, di conseguenza, alla determinazione equitativa del danno in proporzione alla lesione dell’interesse protetto.
Da questo punto di vista e’ apodittico, ai fini dell’articolo 132 c.p.c., il rilievo secondo cui sarebbero stati da escludere “recisamente” i connotati di gravita’ e di serieta’ della lesione allegata.
Il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’articolo 15 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003 (codice della privacy) e’ determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli articoli 2 e 21 Cost. e dall’articolo 8 della CEDU.
Esso non si sottrae alla verifica della “gravita’ della lesione” e della “serieta’ del danno”, in quanto anche per tale diritto opera il bilanciamento con il principio di solidarieta’ ex articolo 2 Cost., di cui quello di tolleranza della lesione minima e’ intrinseco precipitato ( v. Cass. Sez. 6-1- n. 17383-20, Cass. Sez. 3 n. 16133-14).
Ma e’ di tutta evidenza che una verifica in tal senso, per quanto rimessa al giudice del merito, implica che sia pur sempre soddisfatto l’onere di una motivazione aderente alla specificita’ dei fatti, e funzionale a render conto della conclusione sostenuta in rapporto alla lesione concretata dal comportamento illecito specificamente individuato“.
Avv. Emanuele Nati