Due sentenze della Cassazione (di cui una recentissima) regolano in maniera opposta gli effetti della cancellazione delle società dal Registro Imprese ai fini della responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001.
Corte di Cassazione Sezione 2 Penale Sentenza 7 ottobre 2019 n. 41082
La prima è Corte di Cassazione Sezione 2 Penale Sentenza 7 ottobre 2019 n. 41082, secondo la quale all’estinzione non fraudolenta della società per l’avvenuta cancellazione dal Registro Imprese consegue anche l’estinzione dell’illecito e della responsabilità amministrativa dell’ente di cui al D.Lgs. 231/2001.
La motivazione della sentenza poggia sull’applicazione analogica anche alle società delle norme penali in tema di morte dell’imputato.
In questo caso specifico, la società era fallita ed il curatore del fallimento della societa’ dichiarava di essere cessato dall’incarico in seguito alla chiusura della procedura fallimentare. Il collegio disponeva pertanto degli accertamenti sullo stato della societa’, che consentivano di verificare che la societa’ ricorrente era stata cancellata dal registro delle imprese.
Secondo la Corte, la cancellazione dell’Ente, nel caso in esame, impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
In particolare, la motivazione sul punto recita:
“Si rileva infatti, in via preliminare che il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 35 estende all’ente le disposizioni relative all’imputato.
Pertanto, nel caso in cui, come in quello di specie, si verifichi l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente, correlata alla chiusura della procedura fallimentare, si verte in un caso assimilabile a quello della morte dell’imputato, dato che si e’ verificato un evento che inibisce la progressione del processo ad iniziativa pubblica previsto per l’accertamento della responsabilita’ da reato di un ente ormai estinto, ovvero di una persona giuridica non piu’ esistente.
Tale scelta interpretativa risulta confermata dal fatto che il testo legislativo regolamenta sole le vicende inerenti la trasformazione dell’ente, ovvero la fusione o la scissione (Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 70), ma non la sua estinzione, che dunque non puo’ che essere trattata applicando le regole del processo penale (Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 35).
Si ritiene dunque non importabile nel processo a carico dell’ente per l’accertamento della responsabilita’ da reato il principio espresso dalla giurisprudenza civile secondo cui la cancellazione di una societa’ di capitali dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci che, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui sono soggetti “pendente societate”, ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione ovvero illimitatamente (Cass. civ. Sez. 5, Ordinanza n. 13386 del 17/05/2019, Rv. 653738; Cass. civ. Sez. 3, Ordinanza n. 20840 del 21/08/2018, Rv. 650423).
Il trasferimento dei rapporti obbligatori in capo ai soci riconosciuto dalla giurisprudenza civile e’ infatti correlato alla necessita’ di tutelare l’interesse dei soggetti privati che vantano ancora pretese nei confronti dell’Ente; la natura pubblica del processo a carico della societa’ previsto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001 e’ invece incompatibile con l’estinzione non fraudolenta dell’ente, ovvero con la cancellazione dal registro dalle imprese che consegue fisiologicamente alla chiusura della procedura fallimentare: tale evento produce infatti l’estinzione della persona giuridica “accusata” e, dunque, impedisce la prosecuzione del processo, salvo che tale cancellazione piuttosto che fisiologica sia invece fraudolenta, caso che imporra’ la valutazione della eventuale responsabilita’ degli autori della cancellazione “patologica”.
Corte di Cassazione Sezione 4 Penale Sentenza 17 marzo 2022 n. 9006.
L’indirizzo opposto è recentissimo ed è stato espresso da Corte di Cassazione Sezione 4 Penale Sentenza 17 marzo 2022 n. 9006.
In questo arresto, la Suprema Corte critica il precedente per i seguenti motivi:
“Pur volendo prescindere dalle implicazioni pratiche, agevolmente intuibili, discendenti dalle estrema facilita’ di cancellazioni “di comodo” dal registro delle imprese, con conseguente irresponsabilita’ per eventuali illeciti posti in essere nell’interesse o a vantaggio degli enti, e anche dalle difficolta’ nell’accertamento “della eventuale responsabilita’ degli autori della cancellazione “patologica”” (cosi’ alla p. 5 della richiamata motivazione di Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019, Starco s.r.l.), a non persuadere e’ la giustificazione su cui poggia il riferito ragionamento, cioe’ il parallelo estinzione dell’ente, morte della persona fisica.
E’ agevole osservare, infatti, che la sezione II del capo II della L. n. 231 del 2001 (articoli 28 e ss.) disciplina in maniera articolata le vicende trasformative dell’ente, prevedendo espressamente che in caso di trasformazione, fusione e scissione resta ferma la responsabilita’ per gli illeciti commessi anteriormente alla data della trasformazione (articolo 28), sicche’ l’ente risultante dalla fusione risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione (articolo 29), che in caso di scissione resta ferma la responsabilita’ dell’ente scisso per i reati commessi (articolo 30, comma 1), che gli enti beneficiari della scissione, anche solo parziale, sono obbligati in solido al pagamento delle sanzioni dovute dall’ente scisso (articolo 30, comma 2) e che in caso di cessione dell’azienda il cessionario rimane solidalmente obbligato (articolo 33). Inoltre, nel caso di trasformazione, di fusione o di scissione dell’ente originariamente responsabile, il procedimento prosegue nei confronti degli enti risultanti dalle vicende modificative o beneficiari della scissione, che partecipano al processo nello stato in cui si trova (articolo 42).
Il silenzio invece serbato dal legislatore circa le vicende estintive dell’ente non puo’ indurre ad accontentarsi di un accostamento che appare essere solo suggestivo con l’estinzione della persona fisica. Cio’ per una pluralita’ di motivi:
a) in primo luogo, perche’, in linea generale, le cause estintive dei reati sono notoriamente un numerus clausus, non estensibile;
b) poi, perche’ quando il legislatore della responsabilita’ delle persone giuridiche ha inteso far riferimento a cause estintive degli illeciti, lo ha fatto espressamente, come alla L. n. 231 del 2001, articolo 8, comma 2, allorche’ ha disciplinato l’amnistia, peraltro modellando la rinunziabilita’ alla stessa sulla falsariga della disciplina vigente per le persone fisiche, ed all’articolo 67 della disciplina in esame, ove ha previsto la adozione di sentenza di non doversi procedere in due soli casi: quando il reato dal quale dipende l’illecito amministrativo dell’ente e’ prescritto; e quando la sanzione e’ estinta per prescrizione;
c) inoltre, perche’, essendo pacifico il principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa ed altro, Rv. 263682), secondo cui “In tema di responsabilita’ da reato degli enti, il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo previsto dal d. lgs. n. 231 del 2001”, non si comprende la ratio di un diverso trattamento della cancellazione della societa’, da cui discenderebbe l’estinzione dell’illecito amministrativo contestato all’ente, rispetto al caso di dichiarazione di fallimento, allorche’ e’ expressis verbis prevista la esclusione dell’effetto estintivo;
d) ancora, perche’ il richiamo che il difforme orientamento interpretativo opera al Decreto Legislativo n. 231 del 2011, articolo 35 (Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019, Starco s.r.l., cit., p. 4 della motivazione) trascura che il rinvio operato dal legislatore alle disposizioni processuali relative all’imputato non e’ indiscriminato ma e’ solo “in quanto compatibili”.
3.3. Alla stregua delle considerazioni svolte, deve ritenersi che l’estinzione della persona giuridica, nelle societa’ di capitali, comporti che la titolarita’ dell’impresa passi direttamente ai singoli soci, non avendo luogo una divisione in senso tecnico, come si ricava dall’articolo 2493 c.c. e articolo 2495 c.c., comma 3, disciplinanti, rispettivamente, la distribuzione ai soci dell’attivo e l’azione esperibile da parte dei creditori nei confronti dei soci.
Ne’ puo’ trascurarsi che lo scioglimento della societa’, la cui nascita integra un contratto di durata, opera ex nunc: viene meno l’obbligo di esercitare l’impresa in comune ma non vengono meno – si noti – i rapporti sorti nell’esercizio dell’impresa anteriormente allo scioglimento. Del resto, la liquidazione della societa’ avviene mediante conversione in denaro del patrimonio sociale.
In conseguenza, il punto che viene – si’ – introdotto ma non adeguatamente sviluppato nelle sue implicazioni nell’interpretazione dalla quale si dissente (Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019, Starco s.r.l., cit., pp. 4-5 della motivazione) e che invece risulta di decisiva importanza e’ che la cancellazione della societa’ puo’ certamente porre un problema di soddisfacimento del relativo credito ma non pone un problema di accertamento della responsabilita’ dell’ente per fatti anteriori alla sua cancellazione, responsabilita’ che nessuna norma autorizza a ritenere destinata a scomparire per effetto della cancellazione dell’ente stesso.
Occorre, dunque, ad avviso del Collegio, affermare, in consapevole contrasto con il precedente di legittimita’ richiamato dalla s.r.l. ricorrente, il seguente principio di diritto:
“la cancellazione dal registro delle imprese della societa’ alla quale si contesti (nel processo penale che si celebra anche nei confronti di persone fisiche imputate di lesioni colpose con violazione della disciplina antinfortunistica) la violazione del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 25-septies, comma 3, in relazione al reato di cui all’articolo 590 c.p., che si assume commesso nell’interesse ed a vantaggio dell’ente, non determina l’estinzione dell’illecito alla stessa addebitato”.
Conclusioni
A ben vedere, il contrasto giurisprudenziale sopra illustrato è di notevole interesse, perché riguarda direttamente l’individuazione del regime di responsabilità e dei soggetti passivi relativamente al pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dal D.Lgs. n. 231/2001, a seguito dell’estinzione della società.
In definitiva, secondo il primo orientamento citato, l’estinzione “non fraudolenta” della società estingue il reato e la relativa rsponsabilità civile, in analogia a quanto previsto per la morte dell’imputato.
Essendo estinto il reato, non residua alcuno spazio per l’eventuale responsabilità patrimoniale di terzi soggetti (quali ad esempio i soci ed il liquidatore) per il pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dal D.Lgs. n. 231/2001.
Tuttavia, anche nel primo caso, la Suprema Corte sembra implicitamente affermare che in caso di estinzione “fraudolenta” della società, non potranno applicarsi le norme in tema di morte dell’imputato. In tal caso, dunque, il reato e la responsabilità per le relative sanzioni dovranno essere accertate nei confronti dei soggetti che possono essere considerati i “successori” della società.
Un tale accertamento – da quanto sembra evincersi nella motivazione – sembrerebbe dover essere effettuato secondo le norme civilistiche richiamate da entrambe le sentenze.
Questo meccanismo sembra essere prescritto con portata generale (in tutti i casi di estinzione della società e non limitatamente a quelli di estinzione fraudolenta), dalla seconda sentenza in commento, che distingue il profilo dell’accertamento del reato, da quello delle eventuali problematiche relative al recupero del credito per le relative sanzioni pecuniarie.
In verità, l’applicazione delle regole civilistiche previste in tema di responsabilità dei soci (ed, in alcuni casi, dei liquidatori) per lo scioglimento e l’estinzione delle società in ordine alle sanzioni pecuniarie per la responsabilità derivante dall’illecito di cui al D.Lgs. n. 231/2001 può porre dei seri problemi (in ordine – ad esempio – alla distinzione tra i casi di estinzione “fraudolenta” o fisiologica dell’ente, all’individuazione dei limiti di responsabilità patrimoniale dei soci e dei liquidatori, all’individuazione delle relazioni tra i soggetti che hanno effettivamente concorso nella commissione del reato con la società ed all’eventuale legittimità – anche costituzionale – e misura del cumulo della responsabilità penale personale con quella patrimoniale derivante dall’applicazione delle sanzioni ex D.Lgs. 231/2001 a seguito dell’estinzione della società, ecc.), che non è possibile indagare in questa sede, ma che le stesse sentenze sembrano avere ben presenti, sebbene – per la natura delle vicende processuali concretamente risolte – non siano state chiamate a darvi soluzione.
Avv. Emanuele Nati