Nell’incidente stradale con concorso di colpa, al fine di poter individuare correttamente la percentuale di responsabilità, è necessario far riferimento “al criterio della priorità della condotta nell’originare il sinistro per determinare il grado di efficienza causale dei comportamenti dei conducenti anche sotto il profilo della prevedibilità dell’evento”. É quanto chiarito dalla Cassazione con la sentenza n. 7406 del 17 marzo 2021, sopra allegata.
Nel caso di specie, la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso proposto dagli eredi di un automobilista che, alla guida della sua auto, aveva riportato lesioni mortali entrando in collisione con un veicolo dopo l’invasione della corsia di marcia opposta.
Il primo grado di giudizio si era concluso con il riconoscimento di un concorso di colpa nella causazione del sinistro nella misura del 30% in capo alla vittima e del 70% in capo all’altro automobilista, con la conseguente condanna in solido del proprietario, del conducente e della compagnia assicurativa di quest’ultimo al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della complessiva somma di euro 620.388,00 oltre interessi.
La Corte di Appello aveva parzialmente riformato la pronuncia di primo grado indicando nella misura del 60% e del 40% il contributo causale nella verificazione dell’incidente, rispettivamente a carico della vittima e del conducente del veicolo antagonista, rideterminando, conseguentemente, anche il quantum debeatur.
In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto più grave il comportamento dell’automobilista deceduto, che incontestatamente aveva invaso l’opposta corsia di marcia e non rispettato l’obbligo di dare la precedenza (e quindi aveva originato una situazione di estremo pericolo), e meno grave quello del conducente del veicolo antagonista (che viaggiava ad una velocità non consona alla situazione ambientale), che rilevava solo in termini di aggravamento delle conseguenze.
Avverso la predetta sentenza ricorrevano innanzi alla Suprema Corte gli eredi del de cuius deducendo che la Corte territoriale, avesse erroneamente applicato “il criterio della priorità della condotta nell’originare il sinistro” al fine della determinazione del grado di efficienza causale dei comportamenti dei conducenti, in quanto – a loro avviso – sarebbe stato invece necessario valutare la gravità delle rispettive condotte e l’entità delle conseguenze che ne erano derivate ai sensi e per gli effetti degli artt. 1227, primo comma, e 2055, secondo comma, c.c.
Inoltre, eccepivano che il Giudice a quo avesse applicato “il criterio della priorità della condotta nell’originare il sinistro” ai fini della determinazione del grado di efficienza causale dei comportamenti dei conducenti anche sotto il profilo della prevedibilità dell’evento da parte del conducente del veicolo antagonista.
Secondo quanto sostenuto dai ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare la maggiore efficienza causale del comportamento di quest’ultimo, che aveva tenuto una velocità eccessiva che sarebbe stata, appunto, la causa efficiente nella produzione del sinistro, valutando se, invece, con una velocità adeguata e nel rispetto dei limiti di velocità, vi fosse lo spazio di frenata secondo le condizioni ambientali.
Infine, i ricorrenti lamentavano che la Corte territoriale avesse errato nel ritenere che dalle risultanze istruttorie fosse emerso che il conducente del veicolo antagonista, viaggiando ad una velocità elevatissima, non avrebbe potuto impedire l’evento.
Gli Ermellini, all’esito del giudizio di legittimità, hanno ritenuto le doglianze dei ricorrenti inammissibili, risolvendosi in una censura sulla valutazione in fatto operata dalla Corte di merito in ordine alla graduazione delle colpe dei conducenti dei veicoli coinvolti.
Invero, la Corte territoriale, – precisano i giudici di piazza Cavour – sulla base dell’accertata dinamica del sinistro, aveva correttamente valutato le responsabilità dei due conducenti e le rispettive colpe, ritenendo preponderante quella della vittima del sinistro per non avere rispettato il segnale di precedenza e per aver invaso l’opposta corsia di marcia (originando così una situazione di estremo pericolo da cui deriva la priorità della condotta), rispetto a quella del conducente dell’altro veicolo coinvolto, per avere tenuto una velocità non consona alla situazione ambientale, rilevante solo in termini di aggravamento delle conseguenze. Pertanto, quest’ultimo non avrebbe potuto evitare il sinistro e una velocità adeguata avrebbe solo comportato conseguenze meno gravose.
In conclusione, gli Ermellini affermano che correttamente la Corte territoriale, nel valutare gli elementi acquisiti al processo, aveva ritenuto che dalle evidenze istruttorie fosse emerso che il conducente del veicolo antagonista, “pur viaggiando ad una velocità non consona alla situazione ambientale, non avrebbe potuto evitare l’evento” e aveva motivatamente ritenuto che la sua condotta “rileva[va] solo in termini di aggravamento delle conseguenze”.
Avv. Sonia Arena