Il presente contributo è stato elaborato prima che il Decreto Rilancio fosse pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Nel testo definitivo, le norme in commento sono sparite (per fortuna, poiché erano formulate malissimo).
Abbiamo comunque ritenuto di mantenere la pubblicazione del commento alla Bozza della norma per dare ulteriore conto al lettore della confusione che sembra attanagliare il Legislatore, cosa tanto più grave nel momento della peggiore crisi del Paese dal dopoguerra.
L’art. 212-ter del Decreto Rilancio contiene, tra l’altro, delle misure in tema amministrazione del condominio e di proroga del termine per l’approvazione del bilancio condominiale consuntivo relativo all’anno 2019.
La collocazione delle norma è quantomeno curiosa, perché esse vengono introdotte come integrazione di norme contenute nel decreto Cura Italia , che si riferiscono a tuttaltre fattispecie.
Infatti, la norma in commento reca “Modifiche all’art. 83 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18”, che però non contiene alcuna disposizione in materia di condominio, ma si riferisce a norme in materia di diritto processuale civile e penale, tra le quali quelle sulla sospensione dei termini processuali disposta nel periodo emergenziale ed oramai esauritasi.
Forse il legislatore voleva dare nuova vita ad un articolo del Decreto Cura Italia destinato oramai esclusivamente a regolare fatti accaduti nel passato?
Ad ogni modo, la norma, tra l’altro, recita: “…dopo il comma 21, sono aggiunti i seguenti: “21-bis. Quando il mandato dell’amministratore è scaduto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto o scade entro tre mesi dalla stessa alla data, l’incarico dell’amministratore è rinnovato per ulteriori sei mesi dalla scadenza in deroga a quanto previsto dall’articolo 1129 del codice civile, fermo il diritto dei condomini di procedere alla revoca nella prima assemblea successiva al rinnovo. 21-ter. In deroga a quanto stabilito dall’articolo 1130, comma primo, numero 10), del codice civile, il termine per la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale annuale con data di chiusura successiva al 31 luglio 2019 è differito di 12 mesi dalla data di chiusura dell’esercizio contabile”.
Vengono, quindi, introdotti i nuovi commi 21-bie e 21-ter all’art. 83 del Decreto Cura Italia.
L’art. 83, co. 21-bis stabilisce una proroga ope-legis per la durata di sei mesi dell’incarico dell’amministratore di condominio che sia “scaduto” alla data di conversione del Decreto Cura Italia o nei tre mesi ad essa successivi.
La norma, oltreché inutile, è formulata in maniera macchinosa e ridondante.
In primo luogo, per semplificare il lavoro dell’interprete, non si fissa una esatta data di riferimento per la proroga, ma di fa riferimento agli incarichi “scaduti” alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sappiamo che la legge n. 24/2020 di conversione del Decreto Cura Italia è entrata in vigore il giorno 30 aprile 2020, e cioè il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 29 aprile.
Dunque, l’ambito temporale di applicazione è delimitato ai mandati degli amministratori scaduti o a scadere sino al termine del 30 luglio 2020.
Nel merito, la nuova disposizione non ha alcun significato pratico perché già il diritto vivente prevede che l’amministratore scaduto sia praticamente in regime di pieni poteri e facoltà sino all’eventuale sostituzione da parte dell’assemblea con un nuovo amministratore.
La cosiddetta “prorogatio imperii” è uno dei pochi punti fermi del diritto condominiale ed è stata più volte ribadita dalla Suprema Corte di Cassazione, non solo con riferimento al mandato scaduto e non rinnovato dall’assemblea, ma anche nei casi di revoca e di declaratoria di nullità della nomina.
Secondo Cass. civ. Sez. II Sent., 30/10/2012, n. 18660, infatti, “In tema di condominio negli edifici, la “prorogatio imperii” dell’amministratore – che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell’interesse del condominio alla continuità dell’amministrazione – si applica in ogni caso in cui il condominio rimanga privo dell’opera dell’amministratore e, quindi, non solo nelle ipotesi di scadenza del termine di cui all’art. 1129, secondo comma, cod. civ. o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina. Ne consegue che l’amministratore condominiale, la cui nomina sia stata dichiarata invalida, continua ad esercitare legittimamente, fino all’avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari, rimanendo l’accertamento di detta “prorogatio” rimesso al controllo d’ufficio del giudice e non soggetto ad eccezione di parte, in quanto sia inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale”.
Dunque, la norma non aggiunge nulla a quanto già previsto dalla legge.
Vi è però un caso in cui non solo la norma è inutile, ma rischia di essere oltremodo dannosa per tutti quei condomini (e sono, purtroppo, molti) male amministrati.
Infatti, secondo la giurisprudenza l’istituto della “perpetuatio” (o “prorogatio imperii” che dir si voglia) non può essere applicato nel caso in cui l’assemblea l’abbia deliberatamente escluso.
Secondo Cass. civ. Sez. II Ord., 17/05/2018, n. 12120, infatti, “La “perpetuatio” di poteri in capo all’amministratore di condominio uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta “perpetuatio” all’interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell’amministratore cessato dall’incarico”.
Se la norma fosse stata pensata per questi casi sarebbe addirittura abnorme, perché si imporrebbe ai condomini di riattribuire all’amministratore cessato dei poteri di gestione che gli erano stati consapevolmente ed espressamente negati dall’assemblea condominiale, evidente con l’intento di impedire all’amministratore anche le ordinarie attività.
Ma la formulazione della norma ha anche un altro punto di interesse, di carattere sistematico.
Essa, infatti, sembra presupporre che l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore non possa essere convocata nel periodo di proroga dell’amministratore uscente, dunque, per almeno altri sei mesi.
Diversamente, infatti, non si spiegherebbe come mai il legislatore si sia preoccupato di prorogare l’incarico degli amministratori, se l’assemblea avrebbe potuto riunirsi per la nomina del nuovo.
La conseguenza di quanto sopra è che l’art. 212-ter del Decreto Rilancio sembra confermare l’interpretazione secondo la quale – per il diritto positivo e a norme invariate – non è ancora possibile tenere le assemblee condominiali a distanza.
Su questo punto specifico, già ci eravamo espressi ravvisando l’opportunità di un rapido intervento riformatore (consulta questa pagina), che avrebbe ben potuto essere formulato in questa sede.
Invece, sembra che il Governo abbia preferito paralizzare le assemblee condominiali per almeno altri sei mesi, attribuendo nel migliore dei casi all’amministratore dei poteri gestori che già aveva e, nel peggiore, restituendogli quelli che magari gli erano stati espressamente tolti dall’assemblea.
Non c’è che dire: è un bel capolavoro!
Avv. Emanuele Nati