Il mondo del lavoro dipendente si distingue in lavoratori “stabili” e lavoratori “non stabili”, sotto il profilo degli strumenti di tutela apprestati dall’ordinamento in caso di licenziamento illegittimo.
Al di fuori del caso eccezionale del licenziamento discriminatorio (in cui la reintegrazione opera sempre), solo i lavoratori assunti prima del 5 marzo 2015 in aziende con più di 15 dipendenti possono, infatti, ancora aspirare alla reintegrazione in tutti i casi di licenziamento illegittimo.
A questi lavoratori, secondo la prospettiva di una giurisprudenza granitica formatasi nei primi anni ’70 del secolo scorso, si può riconoscere il requisito di stabilità del rapporto di lavoro.
Pertanto, fu la posizione della Corte, la prescrizione dei diritti economici (ad esempio, differenze retributive o straordinario non pagato) che questi lavoratori possono vantare decorre anche in costanza di rapporto di lavoro.
Questo perché (sostenevano Corte Costituzionale e Corte di Cassazione), il lavoratore “stabile” può far valere in giudizio i propri diritti senza perciò temere di essere estromesso dal posto di lavoro.
La situazione è cambiata, dapprima con la legge cd. Fornero (che nel 2012 ha ridotto i casi in cui la reintegrazione è possibile) e poi con il Jobs Act del 2015, che ha proseguito in tale opera di cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori per i nuovi assunti.
Nonostante taluni recenti interventi che hanno in parte dichiarato incostituzionale il D.Lgs. 23 /2015 ed in parte interpretato le norme vigenti a favore del diritto alla reintegrazione, la situazione era ed è oggettivamente mutata sotto il profilo della stabilità del rapporto.
Finalmente la Corte di Cassazione ne ha preso atto, modificando una linea giurisprudenziale oramai cinquantennale!
Da oggi si può sostenere che la prescrizione non decorre più durante il corso di tutti i rapporti di lavoro, esclusi i casi in cui i lavoratori sono davvero tutelati (ad esempio, per i lavoratori pubblici).
Il principio di diritto dettato dalla Sentenza n. 26246 del settembre 2022 è il seguente: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del decreto legislativo n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.
Avv. Sandro Campilongo