Si segnala la sentenza n. 5236 del 7 febbraio 2020, con la quale la sesta sezione penale della Corte di Cassazione, per come già aveva precedentemente affermato in analoghe fattispecie, ha confermato che in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare non è configurabile il reato di cui all’art. 570 bis cod. pen. qualora gli ex coniugi si siano attenuti ad accordi transattivi conclusi in sede stragiudiziale anche se questi non siano stati trasfusi nella sentenza di divorzio che nulla abbia statuito in ordine alle obbligazioni patrimoniali.
Il caso di specie riguarda il ricorso proposto da un ex marito avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello de L’Aquila lo ha condannato ritenendolo colpevole del reato di cui all’art. 570 bis cod. pen. per essersi presuntivamente sottratto agli obblighi di assistenza familiare, dato che non aveva versato integralmente l’importo dovuto quale assegno di mantenimento stabilito nella sentenza di divorzio.
Sebbene fosse stata rilevata in giudizio l’intervenuto accordo stragiudiziale con il quale gli ex coniugi avevano consensualmente ridotto l’importo dell’assegno da 1.111 euro a 800 euro, in ragione delle precarie condizioni lavorative del ricorrente, il giudice del gravame non aveva tenuto conto del fatto che l’uomo aveva adempiuto a quell’accordo, pur non essendo stato trasfuso in un nuovo provvedimento giudiziale, con la consapevolezza di non aver violato alcun obbligo di legge.
La Suprema Corte ha accolto le doglianze del ricorrente, rilevando che le intese patrimoniali raggiunte dalle parti in sede di separazione non incidono sulla determinazione dell’assegno di divorzio, data la diversità delle discipline sostanziali, dalla natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, presupponendo l’assegno divorzile lo scioglimento del matrimonio.
Inoltre, osserva la Corte, se è vero che nella giurisprudenza di legittimità si è riconosciuta la liceità delle intese economiche raggiunte dalle parti dopo la presentazione della domanda di divorzio, conseguentemente, tale parametro esegetico vale a maggior ragione, quando la sentenza di divorzio sia già intervenuta e gli accordi tra gli ex coniugi abbiano ad oggetto una modifica delle statuizioni patrimoniali contenute in quella decisione.
Ciò non vale, ovviamente, quando tali intese siano contrarie all’ordine pubblico, ovvero nel caso in cui contengano clausole lesive degli interessi dei beneficiari dell’assegno.
Va da sé, dunque, che un accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce i propri effetti senza necessità di essere sottoposto al Giudice per la omologazione (cfr. Cass. Civ. n. 24621/2015).
Nel caso di specie, pertanto, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso ed ha annullato la sentenza di appello perché il fatto non costituisce reato data la insussistenza del dolo richiesto dalla norma incriminatrice, in quanto il ricorrente ha versato un importo (700 euro) quasi pari a quello stabilito negozialmente.
Avv. Francesca Muscarello