Fa riflettere la Ordinanza n. 11636 del 16 giugno 2020, con la quale la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva dichiarato improcedibile il ricorso proposto da uno dei coniugi, essendo intervenuta la riconciliazione coniugale dopo la separazione consensuale.
La Suprema Corte ha ritenuto corretta la pronuncia della Corte d’Appello di Milano secondo la quale la convivenza per un lungo periodo successivo alla intervenuta separazione aveva favorito la ricostituzione del consorzio familiare, attraverso la ricomposizione della vita coniugale, ossia la ripresa di relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, che concretizzatesi in un comportamento inequivocabilmente incompatibile con la separazione.
Ma ciò che assume più rilevanza è il fatto che sebbene nel corso della ripresa convivenza fosse intervenuta una pronuncia giudiziale a modifica delle condizioni della separazione, ciò non è valso a superare il dato dell’avvenuta conciliazione.
Secondo la Corte, infatti, deve escludersi che tale giudizio comporti anche un accertamento della efficacia di giudicato dell’assenza della riconciliazione dei coniugi. Inoltre, continua la Corte il thema decidendum è rappresentato dalla esistenza di rilevanti mutamenti delle condizioni di fatto poste a base della decisione e non da altri profili, che restano, in conclusione, sottratti alla pur peculiare disciplina del giudicato subiecta materia.
Ne deriva che è onere delle parti fornire la prova della mancata riconciliazione coniugale, non potendo il Giudice di merito rilevare d’ufficio l’eccezione di sopravvenuta riconciliazione, non investendo essa profili di ordine pubblico, ma aspetti strettamente attinenti ai rapporti tra i coniugi.
Nel caso di specie, il Giudice di merito non ha attribuito alcun rilievo al fatto che i coniugi dormissero in letti separati o che a volte si concedessero vacanze separate, così come nemmeno il fatto che il marito provvedesse al versamento di una somma unitaria potesse essere compatibile con la riconciliazione.
Leggendo al contrario la pronuncia della Corte di Cassazione, dunque, si ritiene che per riuscire a dimostrare che non si è verificata nessuna riconciliazione nonostante la ripresa della convivenza ed assolvere al preteso onere probatorio, il ricorrente deve necessariamente allegare circostanze concludenti ed atteggiamenti concreti (ad es. la redazione di un testamento olografo solo a favore dei figli, oppure la revoca delle precedenti disposizioni testamentarie in favore del coniuge).
In mancanza, non potrà fare altro che ricorrere nuovamente in Tribunale per ottenere un secondo provvedimento di separazione e procedere successivamente al divorzio.
Avv. Francesca Muscarello