La Cassazione statuisce che a seguito della risoluzione per inadempimento del conduttore, il locatore ha diritto a vedersi risarcito l’importo di tutti i canoni che sarebbero maturati in corso di contratto e fino alla naturale scadenza.
Si tratta di un orientamento conosciuto dagli addetti ai lavori e sinora non univoco (ad esempio, in senso contrario, si vedano Cass. 10/12/2013, n. 27614 e Cass. 20/01/2017, n. 1426), ma che la sentenza in commento contribuisce a consolidare.
Per capire gli effetti pratici della pronuncia, basterà un esempio pratico:
- Contratto di locazione ad uso commerciale;
- Canone annuo di € 30.000,00;
- Durata residua del contratto: 36 mesi
Se il conduttore è moroso, il locatore potrà ottenere:
- la risoluzione giudiziale del contratto per inadempimento;
- la restituzione dell’immobile;
- la condanna del conduttore al risarcimento del danno nella misura di € 90.000,00 (€ 30.000,00/ anno x 3 anni di durata residua del contratto).
Beninteso, il risarcimento non sarà dovuto se il locatore è stato negligente o inerte e non ha colpevolmente rilocato l’immobile.
Se il locatore abbia rilocato l’immobile, il risarcimento potrà, invece, essere ridotto, in misura pari all’importo dei canoni percepiti dal nuovo conduttore.
Il percorso argomentativo della sentenza può essere sintetizzato come segue:
1 – non esistendo una norma specifica per l’individuazione dei danni risarcibili in caso di risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore, occorre richiamare le regole generali in tema di risoluzione e segnatamente l’articolo 1453 c.c., che prevede l’obbligo di risarcire il danno quale elemento che si aggiunge alla risoluzione per inadempimento.
2 – Tale diritto sussiste anche se il conduttore ha rilasciato in anticipo l’immobile rispetto alla scadenza contrattuale. In tale ipotesi, il locatore potrà intentare nei confronti del conduttore anche solo l’azione risarcitoria, non avendo interesse alla risoluzione contrattuale una volta che abbia gia’ ottenuto (e accettato) il rilascio dell’immobile.
3 – Il risarcimento dovrà essere parametrato all’interesse contrattuale positivo (o interesse all’adempimento), riconoscendo al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l’utile ricavato (o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione prematura ed il termine convenzionale del rapporto inadempiuto).
La Suprema corte riconduce il pregiudizio subito dal locatore alla figura del lucro cessante (cioé del mancato guadagno), che può essere sempre riconosciuto quando costituisca conseguenza immediata e diretta della risoluzione contrattuale per inadempimento. Esso puo’ essere individuato nell’incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell’altra parte.
Nella risoluzione del contratto di locazione per inadempimento dell’obbligazione di pagamento dei canoni da parte del conduttore, la mancata percezione di un canone mensile, nel periodo successivo al rilascio per effetto della pronuncia risolutiva, non dipende dalla volontà del locatore di non locare nuovamente l’immobile riservandosene la disponibilita’ materiale.
Al contrario, al momento della stipula del contratto, il locatore aveva già scelto di mettere a reddito l’immobile, ma gli effetti di tale decisione sono stati vanificati dall’inadempimento del conduttore e dalla successiva risoluzione, che ha definitivamente privato il locatore dei crediti derivanti dal rapporto di locazione ormai risoltosi.
Conclude la sentenza: “Se il proprietario (o chi aveva comunque la disponibilita’ del bene) non consegue l’interesse contrattuale voluto, consistente nella percezione di un canone a fronte del godimento garantito al conduttore, si determina dunque un danno che non viene meno per la sola riacquistata disponibilita’ del bene.
Il locatore, infatti, continuerà a subire il pregiudizio derivante dalla risoluzione sino alla successiva rilocazione del bene a terzi oppure, in mancanza di questa, fino al termine originariamente pattuito, salva la riduzione del risarcimento nell’ipotesi e alle condizioni desumibili dall’articolo 1227 c.c., comma 2“.
Avv. Emanuele Nati