La sentenza del 4 marzo 2020, con la quale il Tribunale di Rimini non ha accolto la domanda di affidamento esclusivo della figlia minore avanzata dalla madre in seno al giudizio di divorzio, aderisce alla tesi ormai consolidata della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale è possibile derogare alla regola dell’affidamento condiviso ai sensi dell’art. 337 quater cod civ. solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”.
La motivazione sottesa alla richiesta della madre atteneva al presunto disinteresse che il padre aveva mostrato nei confronti della figlia nel corso del tempo, acuito dalla distanza geografica, poiché il padre vive in un altro comune e dal fatto che lo stesso si è creato una nuova famiglia.
Ciò non avrebbe consentito ad entrambi di instaurare un intenso legame e rapporto affettivo.
Nel corso dell’istruttoria, durante la quale è stata ascoltata anche la figlia minore, il Tribunale non ha riscontrato carenze dal punto di vista della responsabilità genitoriale da parte del padre, ma più che altro, una sua scarsa attitudine ad instaurare un legame affettivo con la figlia.
Da qui la decisione di disporre l’affidamento condiviso con prevalente collocazione della minore presso l’abitazione materna e la possibilità di vedere liberamente il padre nel rispetto delle esigenze di entrambi.
La decisione del giudice riminese incalza da un lato i principi dell’affidamento condiviso, che non deve essere inteso come affidamento alternato, nel senso che il collocamento fisico del minore può essere disposto anche presso un genitore e che dunque una tale modalità di affidamento non implica tempi paritari di permanenza, dall’altro pone l’accento su una questione più delicata, ossia quando è possibile derogare alla regola dell’affidamento esclusivo.
La norma codicistica detta il principio secondo il quale il giudice può disporre l’affidamento ad un solo genitore quando l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
La distanza geografica spesso rappresenta il punctum dolens nelle cause di separazione e divorzio, ma non è considerato dalla giurisprudenza di legittimità elemento preclusivo all’affidamento condiviso, in quanto va ad incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore (cfr. Cass. n. 6535 del 6.3.2019).
È appena il caso di rilevare che per l’adozione dell’affidamento esclusivo il Giudice deve fornire una specifica motivazione che tenga conto non solo della inidoneità educativa e delle carenze dell’altro genitore, ma anche la capacità educativa del genitore affidatario (Cass. 30826 del 28.11.2018).
Al giudice, dunque, è affidato il delicatissimo compito di verificare nel sistema educativo dei genitori la sussistenza di elementi e forme tali da alterare ed a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli.
La decisione del Tribunale di Rimini risponde positivamente al principio di bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita dei figli, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella loro assistenza, eduzione ed istruzione, senza che la distanza geografica rappresenti un modo per sottrarsi a tale obbligo.
Il Tribunale infine, non ha accolto la richiesta del padre di determinare preventivamente l’importo delle spese straordinarie, ritenendo un eventuale previsione di spesa in tal senso in contrasto con il principio secondo cui le spese straordinarie esulano dall’ordinario regime di vita della prole in quanto imponderabili ed imprevedibili, per cui non è necessario che l’importo venga determinato, essendo sufficiente che esso risponda all’interesse dei figli.
Avv. Francesca Muscarello