La Cassazione, con la sentenza del 27 marzo 2020, n. 7580, è tornata ad affrontare il tema del nesso causale nella responsabilità per danni da cose in custodia, confermando l’orientamento della giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, che unanimamente ritiene che la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. abbia carattere oggettivo fondandosi non su un comportamento ma su una relazione intercorrente tra il custode e la cosa. Conseguentemente unico onere del danneggiato è dimostrare il rapporto di causalità tra il bene in custodia e l’evento dannoso, mentre spetta al custode, per escludere la propria responsabilità, provare l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale, c.d. caso fortuito (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 13 luglio 2011 n. 15389; Cass. civ. Sez. 2, 29 novembre 2006 n. 25243).
Tuttavia, ove la cosa in custodia sia di per sè statica e inerte, il danneggiato sarà altresì tenuto a dimostrare che lo stato dei luoghi presenta un’obiettiva situazione di pericolosità tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. In particolare, la Cassazione con la recentissima sentenza suindicata ha escluso la responsabilità del Condominio per i danni subiti da una condomina, caduta rovinosamente mentre scendeva una rampa condominiale, sostenendo che, nel caso in cui il danno non sia determinato dal dinamismo interno della cosa in custodia, non sia cioè scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, ma richieda che l’agire umano, soprattutto quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per provare il nesso causale è necessario dimostrare che lo stato dei luoghi presenti un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. In sostanza, occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenta peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (buche, ostacoli, imprevisti, mancanza di guard-rail, incroci non visibili e non segnalati ecc.)(Cass. 13 marzo 2013, n. 6306; Cass. 5 febbraio 2013, n. 2660).
E’ poi pacifico che tra la condotta attribuibile al danneggiante e l’evento dannoso deve esistere un nesso eziologico, che potrebbe interrompersi nell’eventualità in cui il danneggiato avrebbe potuto prevedere o percepire con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo; in tal modo il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno e, quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente dovrà considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (principi da ultimo ribaditi da Cass. Civ. Sez. VI – 3, Ord., 11 maggio 2017, n. 11526). L’accertamento del giudice, quindi, dovrà estendersi all’esame delle modalità della condotta della vittima, del grado di attenzione richiesto e, in generale, di qualsiasi circostanza utile ad accertare l’intrinseca potenzialità dannosa della cosa.
Avv. Aida De Luca